
Nello sviluppo evolutivo il bambino attraversa alcune fasi che hanno aspetti specifici, utili da considerare quando si propone un’attività motoria; possiamo considerare inizialmente la personalità, come un insieme strutturato esito di fattori organici e fattori ambientali, strettamente connesso alla proposta educativa e allo stile educativo della componente genitori; da questo punto di vista il compito che gli adulti si trovano a fronteggiare è quello di adeguare le strutture ambientali presenti a quelle che sono le funzioni nascenti del bambino e inoltre quello di esercitare le funzioni specifiche in momenti sensibili dello sviluppo. A tal fine è molto importante che lo stile educativo, detto anche pedagogico, (con cui il bambino viene educato e guidato nelle fasi precoci della sua vita) sia equilibrato e non abbia eccessi di stimolazione ma neanche deficitario e iper protettivo; questo ci introduce al concetto di “sviluppo variabile”, dove prendiamo in considerazione la possibilità che ci siano delle regressioni psicologiche ed emotive temporali, per affrontare alcuni compiti particolari come quello della separazione dalle figure di attaccamento primarie, quello dell’individuazione e quindi la riorganizzazione della propria personalità in un percorso di transizione evolutiva armonica.
Altro ambito sono i conflitti causati dalla rivalità fraterna che talvolta possono provocare gelosia e reazioni rabbiose o di perdita, così come la capacità di differire la soddisfazione dell’impulso e quello di fronteggiare l’ambivalenza emotiva, riuscendo regolare l’emozione o la pluralità di emozioni distinguendole. All’interno della relazione con le figure primarie di attaccamento possiamo spesso notare degli stili di iper protezione che potrebbero produrre un’insicurezza o una sensazione di inadeguatezza nel bambino, diventando quindi limitanti per le future esperienze; possiamo anche avere stili particolarmente autoritari che invece finiranno per determinare paura e forte ansietà, talvolta anche un ‘impasse a livello della crescita.
Gli adulti appartenenti alla cerchia extra familiare che hanno ruoli formativi e responsabilità pedagogica, come per esempio gli insegnanti, gli istruttori e gli allenatori, si trovano necessariamente a fronteggiare alcune caratteristiche tipiche dello sviluppo del bambino, quella per esempio della fascia da 0-2 anni: in cui assistiamo a un’indipendenza relativa del bambino e un’importanza rilevante del processo di attaccamento alle figure di riferimento (che devono necessariamente esercitare una funzione contenitiva). Questo è il periodo in cui generalmente esordisce il linguaggio prima in modo più rarefatto e sporadico e poi sempre più strutturato a seconda dello sviluppo individuale. In questa fase sono molto importanti i comportamenti e le relazioni gratificanti, accoglienti capaci di valorizzare e di proteggere il bambino nel suo percorso, anche di tipo motorio ma capaci allo stesso tempo di offrire e determinare la percezione del limite e quindi della sicurezza; questo può risultare particolarmente utile per la formazione dell’autostima e per la capacità di autoregolazione del bambino. 2-3 anni: possiamo assistere all’esordio di comportamenti di reciprocità con i coetanei o con le figure di riferimento; di solito in questo periodo il bambino manifesta i propri bisogni anche attraverso il linguaggio del corpo, in un’alternanza di sequenze comunicative significative sia verbali che non verbali. 3-4 anni di età: il bambino generalmente appare capace di anticipare emotivamente e cognitivamente gli eventi e di usare il linguaggio per comunicare, auto sostenersi, avere la direzione e mostrare l’interesse verso aspetti particolarmente piacevoli da un punto di vista motorio; la corporeità è sempre connessa agli aspetti emotivi e quindi al piacere dell’essere causa che unito al piacere del determinare alcuni effetti, produce un uso attivo della corporeità e la costruzione progressiva di un’immagine di sé efficace e sicura, capace di fornire sicurezza e di alimentare l’autostima e la piacevolezza dell’esperienza.
6 anni di età: vediamo diminuire l’egocentrismo (quella caratteristica cognitiva talvolta limitante, grazie alla quale il bambino si sente al centro del mondo e agisce e percepisce il mondo partendo da una prospettiva prettamente individuale e personale), diminuisce il livello di oppositività (quella tendenza ad opporsi alle indicazioni degli adulti, siano essi genitori che insegnanti o allenatori o istruttori di attività motorie); prosegue però anche una sorta di affermazione di sé ,in cui il pensiero percettivo è ancora unidirezionale, ma assistiamo a un incremento della memoria e dell’immaginazione, che unito al piacere motorio nei giochi più simbolici favorisce e la sperimentazione di capacità quali: mimare, recitare, drammatizzare, agire in fantasia, cambiare ruolo e far finta, tutte estremamente utili per familiarizzare con la dimensione simbolica dell’esperienza.
5-6 anni: assistiamo a un grande incremento delle spinte alla socialità, il bambino risulta capace di interesse e risulta più sensibile nei confronti dei bisogni dei coetanei, più empatico uscendo quindi da quell’egocentrismo che lo caratterizzava e questo aiuta enormemente lo sviluppo della socialità e favorisce i giochi più cooperativi e associativi, diminuendo i giochi maggiormente individuali (anche se tutto questo dipende dalle caratteristiche specifiche della personalità di ogni bambino)
7-11 anni: abbiamo il periodo della fanciullezza, in cui lo sviluppo motorio e la rapida crescita statura ponderale permette di attivare degli schemi motori di base e di coordinazione progressivamente più evoluti; in questo periodo talvolta il bambino può manifestare una sorta di squilibrio e disarmonia motoria e talvolta anche psicologica, che però è assolutamente fisiologica e che quindi avrà solo bisogno di tempo per potersi nuovamente ri-armonizzare, tenendo conto dei cambiamenti fisici e psicologici intervenuti .
8-9 anni: si ristabilisce l’equilibrio statura ponderale e il bambino (che a questo punto è un fanciullo) ritrova un equilibrio ottimale che può precede il momento della preadolescenza; in questo periodo sono molto indicati giochi motori di gruppo attraverso i quali si lavora sul rispetto delle regole condivise e attraverso i quali è possibile promuovere una sana sperimentazione delle proprie capacità, anche se generalmente può essere sconsigliato un agonismo sportivo troppo precoce ed intenso, soprattutto non sostenuto a livello pedagogico.
Le risposte a livello motorio diventano più programmabili e sono più flessibili e adattabile al contesto ambientale, momento per momento; in questo periodo assistiamo anche a un cambiamento cognitivo importante: il bambino diventa capace di elaborare segnali cerebrali in arrivo durante l’attività motoria e anche segnali di tipo cognitivo, attraverso funzioni di pensiero che diventano maggiormente reversibili e logiche, capaci di indurre e dedurre e scegliere nuove strategie. In questo senso gli effetti si vedono anche sul gioco e sulla comprensione delle regole, nella scelta delle tattiche motorie, ma anche nel processo di comunicazione e relazione interpersonale; da un punto di vista psicologico ,attraverso l’attività motoria è possibile potenziare la contrattualità, la negoziazione all’interno del gruppo, l’adeguatezza alle regole generali, ma anche potenziare il livello di soddisfazione reciproca attraverso la pratica motoria condivisa oltre ad avere una valutazione più realistica della situazione in corso, con positivi effetti sulla formazione dell’autostima e l’adattamento. Da un punto di vista psico-emotivo, migliorare l’esperienza motoria e metterla al servizio di un’immagine positiva di sé, aiuta e favorisce esperienze di rispetto reciproco e di auto efficacia; infine sentendosi accettati da adulti significativi, relazionalmente competenti, verso i quali si prova stima e nei confronti dei quali si può provare identificazione positiva il benessere sociale e la fiducia verso se stessi e verso gli altri, non può che intensificarsi.

